20 luglio 2009

E' ancora Star Trek?

Non so se ce la farò mai a concludere questo post. L'ho rimandato per tanto tempo perché mi costa fatica solo il pensarlo, figuriamoci scriverlo. Eppure DEVO vincere la mia ritrosia (e la mia pigrizia) e dire la mia, con la solita serenità e confidence sulle mie opinioni che mai come adesso mi manca.
La questione non è peregrina come potranno pensare in molti e non ha niente a che fare col mio essere un fan dei Star Trek o un patito di Sci-Fi in genere.

Sì, sto parlando dell'ultimo film di Star Trek, quello diretto da J J. Abrams, che porta solo il titolo della saga, pur essendo l'undicesimo film della serie, il primo di una possibile trilogia (se al botteghino questo andrà bene) e che, da solo, ha la presunzione di modificare tutto in nome del re-boot della franchise quarantenne pesantemente indebolita dai disastri (produttivi) di Enterprise.

Tranquilli non state per leggere un puntiglioso e senseless post sui tradimenti del film rispetto la saga. Ricordo anni fa quando, correggendo le bozze della rivista FILM con la mia amica Anna, lei trasecolò quando capì che avrebbe dovuto leggere tre cartelle di trama dettagliata di una mia recensione su quella roba là, la fantascienza, star trek poi (era Star Trek Primo contatto)! Anche allora avevo avuto da ridire e non come trekker ma come amante della verità e della storia

Ci sono motivi ben più profondi (e gravi) se oggi il film mi preoccupa e riguardano il concetto di storia, e quello di memoria.

Hollywood, negli ultimi due-tre anni si dimostra come minimo arrogante nei confronti della storia, anche se quella frivola dei media.
Ricordate 007 Casino Royale, il primo con Daniel Craig nel ruolo di Bond? Beh non potevate guardare il film, se eravate patiti della saga, per le incongruenze che quel film metteva in campo confrontato con quelli precedenti. Presentava uno 007 giovane ancora inesperto eppure m era sempre Judi Dench, e il film era ambientato ai giorni nostri.
Anche in quel caso si trattava di un re-boot (letteralmente accendere il pc di nuovo) cioè reinizializzare la serie. Semplificando, ma poi nemmeno troppo, le major di Hollywood, in oo7 come in Star Trek, hanno ben pensato di aggiornare le saghe senza tenere conto di quanto precedentemente detto.
In 007 Bond torna ad essere privo di esperienze per cui gli spettatori attempati, quelli che hanno più di 14 anni, età media del pubblico medio cui i ragazzini (male) cresciuti che guidano oggi Hollyweood credono quei film possano interessare, non ci si raccapezzano più. Vedono lì uno che è 007 ma non lo è, che fa cose per la prima volta come non le avesse già fatte nei film precedenti.
In Star Trek invece Abrams è andato oltre: modificando la continuità temporale (senza spiegare davvero il perché) mostra astronavi con l'oblò al post del classico schermo, e fa morire personaggi e sparire pianeti che hanno avuto un peso importante nelle precedenti edizioni della saga. Muore Amanda, la madre di Spock e Vulcano, il suo pianeta natale, esplode.
Alla faccia del re-boot!
Se Amanda è morta vuol dire che Viaggio a Babel l'episodio della serie classica in cui la conosciamo per la prima volta, o il film Star Trek IV Rotta verso la Terra, dove la vediamo (interpretata sempre dalla stessa attrice) preoccuparsi del figlio, non esistono più così come li abbiamo conosciuti. Amanda c'era e adesso non c'è più (il film è ambientato prima dei fatti accaduti nella serie classica...). Non è solamente questione di continuity. Non è solo una mancanza di rispetto per quello che c'era prima. Per l'industria di Hollywood la Storia non è importante e pur di vendere la serie a nuovi spettatori si può sacrificare quel che già c'è.
E questo in nome del fatto che ai nuovi spettatori di oggi, si dice, Star Trek, così com'è(ra), non interessa.
Che idea formativa si propone con questo falso mito produttivo?
D'accordo. E' cultura di massa, non è Dante, o Shakespeare, ma non si tratta nemmeno di vendere formaggi...

Educare i nuovi spettatori ignorando quello che c'è stato prima vuol dire non riconoscere la storia del cinema, la prospettiva storica. Ricordo un mio amico dirmi che per lui come storia conta quella sua di spettatore non quella cronologica, per cui anche se certi film sono venuti dopo per lui rimangono film innovativi, solo perché lui li ha visti prima...
Capita l'antifona?
Siccome è solo cultura di massa non importa farne una lettura critica, basta consumare, magari facendo finta che Amanda non sia mai esistita, perché tanto chi ha mai visto quell'episodio di 40 anni fa?

Questo modo di fare mi fa paura. Mi fa temere per il futuro. Per la visione dei nostri figli, dei nostri nipoti.
Non perché "perdere" la serie classica di Star Trek sia chissà quale perdita. Ma perché il film di Abrams dà una visione del passato distorta. Ma nessuno la vede come tale perché tanto è solo un film. Ma se nella cultura di massa c'è il senso narrativo col quale ci spieghiamo il mondo, è di fondamentale importanza non dimenticare la prospettiva storica. Chi si indignerà tra 100 anni se qualcuno negherà la Shoah? A chi interessa stabilire la verità?
Il paragone non scandalizzi. La vita è una sola e un tassello in meno a un senso critico nei confronti del passato apre le porte ai peggiori sonni della ragione.
La madre di Spock è morta è viva? Tutt'e due e nessuna. Una visione distorta della storia non una visione parziale, una visione sbagliata non un re-boot. Proprio come è sbagliato il film di Abrams che ci insegna che la coerenza storica (narrativa) non è importante. E invece lo è signor Abrams lo è molto più di quanto lei sciaguratamente non creda.

venti Luglio millenovecentosessantanove












Dalla Luna al FUS


E mentre il mondo (occidentale?) si appresta a celebrare il quarantennale del primo allunaggio dell'uomo sulla Luna (stasera su LA7 alle 21 va in onda Moonshot appena visto al Fiction Fest) oggi pomeriggio uno sparuto (speriamo non troppo) gruppo di uomini e donne presenzieranno al

sit-in
davanti Montecitorio
contro il mancato reintegro del FUS.

Il FUS, Fondo Unico per lo Spettacolo, è stato istituito nel 1985 per volontà dell'allora Ministro Lagorio, con la legge n° 163 "Nuova disciplina degli interventi dello Stato a favore dello spettacolo", con lo scopo di regolamentare con una norma unitaria tutti gli interventi dello stato a sostegno di enti, istituzioni, associazioni, organismi ed imprese operanti nei settori delle attività cinematografiche, musicali, di danza, teatrali, circensi e dello spettacolo viaggiante1.

Lagorio sostiene che lo stato
non manca di contribuire economicamente allo sviluppo della cultura. Ma lo fa destinando ad essa mezzi quantitativamente scarsi e, in più, all'insufficienza degli stanziamenti, si accompagna una qualità di disegno organizzativo che non è idoneo alle finalità cui sono destinati2.


Lagorio prevedeva oltre la legge sul Fus, considerata la legge madre una serie di leggi figlie, che andassero a disciplinare i singoli settori dello spettacolo. Il finanziamento doveva essere ancorato all'andamento dell'inflazione. Di questo progetto a24 anni dopo resta solamente la legge madre, peraltro sganciata dall'inflazione.
Nel 1986 il Fus fu di 703 miliardi e 805 milioni di lire. Nel 1999 avrebbe dovuto essere di 1.333 miliardi e 914 milioni mentre fu solo di 900 miliardi e 140 milioni. Nel 2002 è stato di circa 500 milioni di euro mentre avrebbe dovuto essere di 700 milioni.
Nel 2003 il Fus è stato di 506 milioni quasi lo stesso importo del 1993 (in euro 480 milioni). L'incremento dal 1993 al 2003 è stato del 5,4%, contro un 30% di perdita di potere d'acquisto della nostra valuta2.

La legge prevedeva delle percentuali precise per ogni settore dello spettacolo, così ripartite:
· il 42% agli enti lirici,
· il 13% alla musica ed alla danza,
· il 25% al cinema,
· il 15% alla prosa
· lo 1,5% ai circhi1.
La quota residua del 3,5% era destinata al funzionamento degli organi istituzionali (con la legge era stato istituito altresì un
"Osservatorio dello Spettacolo") e ad altre spese.
La legge n. 555 del 1988 abolì le quote percentuali assegnando al Ministro per il Turismo e dello Spettacolo il compito di stabilire, di anno in anno, le percentuali di ripartizione del Fondo con un proprio decreto, sentito il parere del Consiglio Nazionale dello Spettacolo. Nel 1990, per esempio, le percentuali di ripartizione vedevano alla musica e alla danza il 61,8% (con riserva di ben il 47,8% ai tredici Enti Lirici) mentre al cinema il 19% (era il 25% 5 anni prima).

Da questi soldi dipende la sopravvivenza non solo dei teatri (tutti i teatri italiani) e dei film prodotti con il contributo statale, ma anche delle associazioni di cultura cinematografica che fanno cultura sul territorio, compreso il Centro Sperimentale di cinematografia.


Ora, tanto per rendere chiaro l'ammontare del fondo per il teatro nel 2008 (unico anno per cui sono disponibili dati online) al teatro Belli di Roma (il cui prezzo massimo per biglietto si aggira sui 16 euro) ha ricevuto 20.064 euro di fondo su un totale di 337 milioni destinati al FUS nel 2009 (al netto dei 20 milioni destinanti agli Enti Lirici).

Nel 2008 il Fus era di 511 milioni con un taglio di quasi il 34%, in un anno. E altrettanto è previsto per il futuro, nel 2010 da 511 a 400, per il 2011 da 400 a 307 facendo scendere il Fus sotto l'1% del pil, contro il 2,6% di media europea.


Recentemente il ministro Bondi aveva promesso un reintegro del Fus, che non è stato effettuato.

Oggi pomeriggio, alle 17 saremo tutti a Montecitorio per protestare anche contro la presa in giro di un impegno preso davanti al Presidente della repubblica al quale è stata indirizzata una lettera di sensibilizzazione dal coordinamento "emergenza cultura".






1) Fonte sito Risorse culturali e turistiche

2) Cecilia Balestra, Alfonso Malaguti (a cura di) Organizzare la musica. Legislazione, produzione, distribuzione, gestione nel sistema italiano
bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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