31 luglio 2007

bergman è morto, Serrault è morto, Antonioni è morto....

...e anche io non mi sento molto bene....

Le ferie son finite, riprendiamo il lavoro (oh dolce far niente dove sei?!) con calma e serenità...

CAPITOOOOO???????

addio Michelangelo....

Michelangelo Antonioni è entrato nella mia vita molto, molto prima dell’università.

Ero un bambino di 4-5 anni quando in tv trasmisero alcune sequenze della scena finale di Zabriskie Point, quella famosa nella quale, su un brano dei Pink Floyd, esplodono televisori e frigoriferi (ripresi con una cinepresa speciale con pellicola senza perforazione, che riusciva a impressionare migliaia di fotogrammi al secondo...).

Io da piccolo ero affascinato dagli oggetti, mi piaceva aprirli, romperli, per vedere come erano fatti dentro. All’epoca la mia pubblicità preferita era quella dell’Arrigoni, nella quale uno\a scettico\a, lasciato\a da solo\a insieme a un marchingegno elettrico, del quale il commesso del negozio che lo vendeva aveva appena finito di decantare i pregi, cominciava a manometterlo fino al ritorno del commesso il quale, sbigottito di fronte al marchingegno aperto, balbettava: “Ma che fa? Lo ha aperto?!?!” Al che lo\a scettico\a rispondeva col claim della pubblicità: “Certo. A scatola chiusa compro solo Arrigoni”.

Ecco, questa religione dello smontare, del vedere cosa c’è dentro, di capire come funzionano gli ingranaggi (inutile dire che le scene nella catena di montaggio di Tempi moderni di Chaplin erano il mio vangelo) era stata pubblicamente riconosciuta da quel cinetoscopio che andava in mille pezzi, da quel telaio di altoparlante che vorticava al rallentatore verso lo spettatore della sequenza di Zabriskie…. Mi ricordo come fosse ieri l’eccitazione quasi sessuale di scoprire che qualcun altro, molto più grande e più bravo di me, aveva le mie stesse curiosità, la mia stessa morbosità, una sorta di larvato luddismo che mi portavo dietro, ieri come oggi (ah che piacere vedere le astronavi della Federazione andare in mille pezzi!!!!).

Certo all’epoca ancora non sapevo chi fosse l’autore di quelle immagini ma Antonioni era entrato indelebilmente nella mia vita.

Poi, solo pochi anni dopo. ci fu il mio secondo incontro con Lui, quando vidi Professione:Reporter all’arena dietro casa. Avevo 9-10 anni all’epoca e mi ricordo che di fronte a questo film da grandi senza musiche di commento, dove quel che succedeva era raccontato dalle immagini e non dai dialoghi e dove non potevi distrarti nemmeno un attimo se volevi capire cosa stesse succedendo, dinanzi questo film, dicevo, mi resi conto che Antonioni era diverso dagli altri registi, che raccontava delle storie per il gusto delle immagini, per attirare la tua attenzione, per farti ragionare su quel che vedevi…

Insomma Antonioni era per me Il regista, l’idea platonica di questa categoria…

Durante gli anni del liceo vidi molti suoi film, in tv su Rete4 (d'altronde è su canale 5 che ho scoperto Franco Brusati…) e Antonioni divenne sempre di più un amico, un adulto che mi comprendeva, che mi incuriosiva, col quale potevo essere me stesso (come dimenticare l’eccitazione dinanzi alle fotografie delle scene di nudo di Zabriskie Point pubblicate nella sceneggiatura della Cappelli , che scoprii una mattina in biblioteca dove ero andato facendo sega da scuola…?), col quale c’era una tacita intesa, come Antonioni fosse uno Zio che non vedi mai ma che sai che c’è e si ricorda di te.

Così, prima ancora dell’università conoscevo tutto (o quasi) quel che si poteva conoscere a livello amatoriale su di Lui, avevo persino letto con avidità la sceneggiatura di un film mai realizzato Tecnicamente dolce pubblicata da Einaudi e che avevo trovato a Porta Portese…

Poi è arrivata l’università e ho incontrato Antonioni in tutta la sua importanza accademica e ho scoperto che quel che sapevo già mi serviva per la mia carriera universitaria, che a differenza dei miei amici avevo già letto Tecnicamente dolce; era come scoprire che “con Zio” Antonioni avevo davvero capito tante cose in anticipo…

Lì sono nate le tesine sui suoi film, volute da Aristarco.

Lì è nata la mia prima associazione culturale che, ovviamente, si chiamava “Zabriskie Point”…

Michelangelo Antonioni è per me la passione del cinema prima del cinema, del sesso prima del sesso, dell’analisi critica prima dell’analisi critica, della politica prima della politica,
rappresenta tutto quello che mi sarebbe piaciuto fare e diventare e che solo in parte hi poi davvero avuto il coraggio di provare a essere.

La sua morte è per me ben più del lutto che segna la vita di un cinefilo. Per me è morto un parente, un amico, un uomo al quale volevo bene, un uomo che mi mancherà…

tra Africa ed Europa



...capita insomma che mi perda il portafogli (o forse me l'han rubato, non saprei...). Ora, dentro il borsellino io ci tengo praticamente di tutto (dovreste vedere la lunghezza della denuncia rilasciata alla polizia) dalla carta di identità al codice fiscale, dalla tessera sanitaria alla tessera di socio dell'associazione culturale "L'isola Felice"... Insomma una tragedia...
Mi è capitato la sera di martedì 24 e mi sono accorto dello smarrimento\furto DOPO il concerto di Marina Rei\Paola Turci|Max Gazzè.
Il giorno dopo vado affare la denuncia e, toh, ci metto pochissimo, basta compilare un foglio prestampato in duplice copia e la denuncia è bell'e fatta con tanto di timbro e firma del poliziotto che sta alla guardiola...
Tutto contento il giorno dopo (due giorni dopo a dir il vero, il giorno dopo ero a Firenze a vedere la mostra Cezanne a Firenze) vado al Municipio a richiedere il duplicato della carta di identità e TOH, in 20 minuti (sì, avete letto bene) nonostante la presenza cospicua di gente, ho la mia Cd'i Brand new.
Mi compiaccio e quasi ci credo di essere in Europa...
Poi, sabato vado all'ufficio clienti della carta metrebus (avevo fatto l'abbonamento integrato annuale giusto la mattina del 24...) e un ragazzo (gentile a dire il vero) mi spiega che sul loro terminale (ufficio dislocato alla fermata della metro b Fermi) il mio versamento di 230 euro NON risulta"perché ho effettuato il versamento nello stesso mese"!!!!!!!!!!!!!
Mai sentito parlare di "tempo reale"!? vorrei dirgli... Invece me ne resto buono buonino e mi prendo un numero di telefono che lui gentilmente mi porge dicendo "provi a chiamare lunedì mattina". La ragazza (gentile anche lei) che mi risponde ieri mattina mi spiega che, visto che al loro terminale non risulta che io abbia pagato i 230 euro, devono aspettare che un altro ufficio, dopo aver verificato che al terminale dove ho rinnovato l'abbonamento, a Roma Termini fermata della metro A e B, risulti il pagamento effettuato emettano loro la mia tessera e la inviino (con un corriere interno) all'ufficio di Fermi... (ma perché dove tenevi la ricevuta di pagamento vi chiederete? La ricevuta di pagamento serve per convalidare l'abbonamento per cui va custodita assieme al medesimo. In realtà, visto che la ricevuta è fatta su carta termica, va fotocopiata, ma , visto che avevo fatto l'abbonamento la mattina, ancora non avevo fatto in tempo a fare la fotocopia, altrimenti avrei avuto la ricevuta originale per provare l'avvenuto pagamento...
(Oltre la ricevuta una lettera di attestazione di avvenuto pagamento da custodire altrove no eh?!?!)

Ma il capolavoro mi capita alle Poste.
Alla sede di Piramide, dove ho fato la poste pay (me lo hanno detto all'ufficio postale vicino il luogo di lavoro che dovevo andare all'ufficio dove era stata emessa la poste pay, giorni dopo scoprirò che non era assolutamente vero...) il tipo che trovo dietro lo sportello mi dice che senza il numero della poste pay sulla denuncia non può farmi un duplicato. Mi chiede codice fiscale e carta d'identità (che in un primo momento crede io non abbia visto che nella copia della denuncia che gli ho dato questi documenti compaiono nell'elenco dei documenti smarriti...) scrive sul un pezzo di carta il numero della mia poste pay e , con un'aria tra il sadico e il soddisfatto (la stessa soddisfazione di chi, essendo totalmente impotente, ti dice che non puoi fare sesso...) mi dice ora lei torna alla polizia, fa una integrazione della denuncia menzionando il numero della poste pay, poi torna da me e io le do il duplicato. Ringrazio Dio di non essere americano, perché se lo fossi avrei una pistola e l'avrei usata, vado al commissariato, disturbo i poliziotti per questa sciocchezza burocratica, trono dall'ufficio postale (ancora non so che potrei andare in qualsiasi ufficio del territorio italiano...) e un altro tipo, gentile e non impotente come il precedente mi dà la mia nuova poste pay nel giro di pochissimi minuti...
Ora io capisco lo scrupolo e la sicurezza.... ma se sei tu che dai a me il numero della mia postepay perché devo tornare al commissariato facendo perdere tempo a me e , soprattutto, a loro?

Mi ero illuso di trovarmi in Europa e invece sono ripiombato subito in Italia.
Un'Italia dove all'Atac i computer non sono collegati in tempo reale e dove le tessere invece di essere emesse dai singoli uffici vengono emesse da un ufficio centrale e poi inviate brevi manu agli uffici in cui l'utente si è rivolto... (ce ne sono cinque dislocati sul territorio....) mentre alle Poste ("da noi" mi dice ...l'impotente) la burocrazia fa perdere tempo ai privati cittaidni e alla polizia.

Ora metrebus è la migliore invenzione che Rutelli Sindaco abbia fatto nei suoi due mandati (prima bisognava prendere tre biglietti se volevo usare autobus metro o treno...) e i servizi della postepay sono indispensabili per chi vuole comperare in Internet senza tema di avere la carta di credito clonata (la poste pay è una carta di credito prepagata è molto più flessibile ed economica di quelle bancarie) ma le cose continuano ad essere fatte saeguendo una burocrazia italiana inesistente altrove in Europa.

Certo la colpa di aver perso (o subito il furto) del portafogli è mia solo mia nient'altro che mia, ma mai che la buona burocrazja italiana aiuti eh?

Ecco che dall'Europa come mi ero illuso di appartenere sono ripiombato in Africa (Con tutto il rispetto per l'Africa!!!!!)

(post modificato in data 21/8/2007)

Ingmar bergman è morto...

Erano i tempi belli dell’università e io e la mia amica Alessandra decidemmo di partecipare a un concorso di Raitre: dovevamo scrivere una sceneggiatura, quella vincitrice sarebbe stata prodotta dalla rete e diretta dagli autori della medesima… Concorso allettante, mezzo dipartimento di musica e spettacolo alla Sapienza (beh allora era l’unica università romana…) aveva deciso di parteciparvi. Noi sentivamo di avere una marcia in più sia perché ci sentivamo più pratici del mezzo (alcuni “colleghi” all’università ci avevano chiesto, meravigliati, e con un po’ di spocchia: “Ma come?!?! Scrivete anche i dialoghi!”?!?!?) sia perché eravamo convinti di avere una storia buona tra le mani (due amici poco più che 18enni partono dal centro di Roma, in piena estate, per andare in Svizzera a cercare la ragazza di uno dei due il viaggio si trasforma in un viaggio nell’Italia degli anni 80 alla ricerca dei sottili confini tra amicizia e amore…). Passano i mesi e io e Alessandra ci divertiamo a improvvisare scene e situazioni mettendoci l’anima (e le nostre storie personali). Siamo due pazzi e scriviamo una sceneggiatura di ferro, prevedendo gli stacchi di montaggio le musiche e addirittura il piazzamento della mdp…

Il problema più grosso che dovevamo superare era quello di trovare delle inquadrature adeguate, dinamiche e, soprattutto, non noiose per le ripetute sequenze che si dovevano girare nell’abitacolo dell’automobile… Ci scervelliamo e optiamo per una serie di campi e controcampi da punti di vista diversi (finestrino laterale esterno, sedile posteriore, con ripresa anche di quanto si vede attraverso lo specchietto retrovisore) impiegando molto il piano d’ascolto (inquadrando cioè chi ascolta e non chi parla…).

Passano i mesi…

Il tempo si accorcia.

La sceneggiatura è praticamente finta. Dobbiamo solo revisionare i dialoghi e intanto, dattiloscriverla (al pc del fratello di Alessandra, primo pc che abbia mai usato, siamo nel 1986… io non lo comprerò che nel 1990). Ma calcoliamo male i tempi e, con metà della sceneggiatura ancora da dattiloscrivere, desistiamo una notte alle 4 del mattino (il concorso scadeva il giorno dopo alle 12…). Siamo dispiaciuti però siamo contenti di quanto abbiamo scritto, di quello che io e Alessandra ci siamo scambiati in quei mesi alla ricerca di inquadrature, dialoghi, musiche, emozioni.

Passano dei mesi, l’inverno e la primavera. Verso giugno (credo…) al Fantafestival, una delle mitiche edizioni che si tenevano al cinema Capranica (oggi non più operante) che apriva i corridoi collegandosi col cinema Capranichetta (chiuso nei primi anni 80 e mai più riaperto…) danno Il posto delle fragole di Ingmar Bergman, che né io né Alessandra abbiamo mai visto. Ci precipitiamo e abbiamo una sorpresa che sa di epifania. Non tanto perché il film è magnifico (altro che la sequenza del sogno di Dalì in Notorious di Hitchcock, vedere per credere!) ma perché nelle scene on the road Bergman ha messo in pratica la nostra idea di inquadratura “non noiosa”… Rimaniamo senza fiato non solo perché quel che sulla carta (sulla sceneggiatura) sembrava funzionare scopriamo che funziona magnificamente anche sullo schermo ma soprattutto perché dal nostro punto di vista Bergman …ci ha rubato l’idea! Nessuno dei due aveva mai visto prima quel film e quindi nemmeno inconsciamente potevamo ricordarci di quelle inquadrature. Evidentemente quando una inquadratura è buona sarà sicuramente già venuta in mente a qualcun altro prima.

Ma tant’è per noi la sceneggiatura ha avuto la benedizione di Bergman

Poche altre volte ci siamo sentiti così io e Ale durante gli anni dell’università (un’altra occasione è stata la consegna delle nostre tesine su Zabriskie Point e Identificazione di una donna a Michelangelo Antonioni il giorno della consegna della Laurea honoris causa voluta da Guido Aristarco).

La sceneggiatura non abbiamo mai finito di trascriverla ma ne possediamo una copia ognuno e ci siamo ripromessi di finirla, un giorno o l’altro, o magari anche di provare a girarla, perché no… Se mai lo faremo e leggerete una dedica a Ingmar Bergman, ora sapete il perché…

30 luglio 2007

Michel Serrault è morto



Grande attore, qui in Italia poco conosciuto, Serrault ha interpretato personaggi indimenticabili, sapendo passare dal comico al drammatico capace di una gamma espressiva che passa per la tavolozza intera delle emozioni.
Michel Serrault è morto ieri notte nella sua casa di Honfleur, in Normandia, a 79 anni. La Francia piange un gigante del suo cinema: Serrault ha vinto tre premi César (e un Donatello italiano), ma soprattutto ha coronato il sogno dei grandi comici, riuscire a passare dalla commedia ai ruoli drammatici nella maturità.

Nato il 24 febbraio 1928 a Brunoy in una famiglia molto cattolica e modesta (il padre faceva il rappresentante di giorno e di notte arrotondava come maschera in teatro), Michel debutta in teatro, sul palco e non in platea come il padre, nei primi anni del dopoguerra, esibendosi nei cabaret della rive gauche di Parigi.
Nel 1954 esordisce al cinema nel film Ah! les belles bacchantes! di Jean Loubignac, con Louis de Funes. 135 in tutto i film da lui interpretati. Serrault ha recitato per Clouzot, Chabrol, Mocky, Lautner, Audiard, Blier e Kassovitz.
Raggiunta la maturità Serraul comincia a esplorare una vena più drammatica in Guardato a vista di Claude Miller (con Lino Ventura e Romy Schneider), che nel 1981 gli procura il suo secondo César, fino a Nelly e Monsieur Arnaud di Claude Sautet (1996, terzo César) con Emmanuelle Béart).
Se ne va un grande da scoprire e ricordare.....

28 luglio 2007

Un anno fa (3): la conclusione


Un anno fa mi accingevo all'arduo rientro in patria dopo una notte (!) di festeggiamenti per la mia partenza. E, dopo aver (appena) visto una Parigi che per un mese avevo ignorato esistesse fatta di locali, discoteche, gente, amici, birra, popper (no, non Karl...) e sigarette (ebbene sì quell'ultima sera ho fumato come un turco...) ecco come Parigi, alle 6 di una domenica mattina, mi dava il suo personale saluto. Io stordito dall'alcool e dalla musica, e lei che mi suggeriva la strada per rientrare a casa (sarà che dopo un mese di bazzicamenti sempre nello stesso quartiere sapevo ritrovare la strada di casa anche brillo).
Certo non sapevo quello che mi aspettava dopo (non sono andato a dormire per tema di non sentire la sveglia e perdere l'aereo; la mia amica Rosa che doveva accompagnarmi all'altro capo della città per prendere il pullman che mi portava all'aeroporto stava peggio di me e quindi non è venuta a prendermi; il taxi che ho prenotato alle 11.30 in sostituzione NON è mai arrivato; appena fuori Parigi si è messo a diluviare e io indossavo infradito e pinocchioetto; le due valigie stracolme + lo zaino mi sono costati all'areoporto 248 euro di tassa per sovrappeso), ma quella mattina nonostante i fumi vari che mi avevano annebbiato la mente non me la dimenticherò tanto facilmente...

23 luglio 2007

qualche osservazione sparsa sulla nostra società sessista

Faccio zapping, in questi giorni di canicola, di serie tv consumate, come il cocomero, a kili, e mi capita di assistere a qualche pubblicità, vera anima del Paese.

Lip Color, un detersivo che permette di lavare capi di diverso colore insieme evitando che un capo, stingendo, possa macchiare un capo di colore diverso. E la donna che fa da testimonial dice che con il tempo libero che Lip color le regala può fare una "torta in più".

Un altro spot publicizza un corso in edicola per far consocere il mondo della cucina alle bambine in erba, con tanto di annessi utensili-giocattolo, che possono così cimentarsi in torte e ricette varie, diventando piccole cuoche, "proprio come la mamma".

Terzo spot, di una caratura maggiore dei primi due, soprattuto per lo sforzo produttivo.
La nuova Rex elettrolux, modello vattellapesca (date un'occhiata al sito, ne vale la pena), permette di programmare manualmente la durata effettiva dell'intero ciclo di lavaggio. Così la donna può gestire lei il proprio tempo prezioso, per dedicarsi ad altro: alla riunione manageriale, alle passeggiate col cane, al pranzo aziendale, alla guida dell'automobile (che per un secondo sembra il soggetto della pubblicità).
Gli eventi attorno alla donna accelerano o rallentano in funzione di una migliore gestione del tempo (corre più veloce del cane, la cui corsa è rallentata, la riunone di lavoro finisce in un attimo così come l'interruzione stradale per lavori in corso e la fila alla mensa).

Pubblicità molto diverse tra di loro che nascondono la stessa ideologia, la stessa visione del mondo (e pensare che c'è qualcuno che pensa che i film siano dei film e basta, figuriamoci le pubblicità, vero Daniela?).

Le prime due, di stampo classico, sono sfacciatamente sessiste.

Le dispense di cucina con tanto di mini-utensili (di colore femminile) sono pensate per le bambine... poco importa se la società vede sempre più single, anche uomini, che magari vivono insieme per dividere l'affitto: i bambini non vanno educati alle faccende della cucina. Cucinare è percepito (e proposto) come un'attività donnesca, per rispolverare un desueto aggettivo dell'epoca fascista, e infatti ancora oggi molti ragazzi non sanno cucinare (come il mio amico Marco che usa cibi precotti, e porta ancora i panni da lavare alla madre, perchè, come mi ha ingenuamente confessato, "tanto a lei fa piacere...").
Io devo ringraziare mia madre che mi ha permesso di cucinarmi da solo (perchè mi scocciava che lei dovesse prepararmi il pranzo la mattina visto che rientravo prima io da scuola che lei dall'ufficio, per cui ero io, o mia sorella, a prepararle il pranzo dovo che noi avevamo pranzato).

Anche lavare i panni è percepito come lavoro donnesco; i lavori di casa sono percepiti di esclusivo appannaggio femminile a tal punto che una donna pare non poter far altro se, nella pubblicità della Mira Lanza (oggi di proprietà della Reckitt Benckiser Italia Spa che pure millanta un impegno ambientale e scoiale, vedi qui) il tempo guadagnato viene impiegato per fare "una torta in più". Per una casalinga non esiste tempo libero, se si ha del tempo in più si continua a fare la casalinga (leggere un libro, uscire con le amiche, telefonare alla madre, vedersi con l'amante, fare shopping, portare a spasso il cane, vedere un film, ascoltare un po' di musica, RIPOSARE, masturbarsi.. no, eh?) .

Mai più Lip dunque che ha accettato (o richiesto) uno spot così sessista, così anni cinquanta.
Poco male, non ho mai comprato Lip continuerò a non farlo.

Beh, direte, lo spot della Rex è più moderno. Lì la donna non è confinata in casa a fare torte, lavora, fa la manager, porta a spasso il cane.
Sì è vero.
Ma è sempre lei pensare alla lavatrice!!!
Certo, potrebbe essere una donna single perchè nello spot non la vediamo nè in compagnia di un marito nè dei figli.
Però sarebbe stato davvero intelligente fare due versioni dello spot una con una donna e l'altra con un uomo...
Ma avrebbe funzionato ugualmente?
Pensate che tutti avrebbero capito la pubblicità con un uomo?
No.
Perchè nell'immaginario collettivo, ancora nel 2007, l'uomo non sa usare la lavatrice (ricordate la pubblicità di un paio di anni fa nella quale nonostante il modello semplificato di lavatrice, senza l'ausilio del cane che la accendeva, il ragazzone della pubblicità non era capace di farla funzionare ?). E' un luogo comune che però ha purtroppo ancora un riscontro nella realtà.

L'altro giorno mentre facevo la fila al supermercato osservavo una coppia in fila alla cassa davanti a me: lui non molto bello, lei nememno, ma meno peggio i lui, lei sul metro e sessanta scarsi, lui abbondatemente sopra il metro e ottanta. Mentre mi chiedevo come mai si fossero scelti, data la notevole differenza d'altezza, e pensavo ai miti ma rassicuranti orizzonti della vita di coppia, lui, poco prima del loro turno alla cassa, si allontana per prendere non so che cosa.
Lei gli urla"ho dimenticato il detersivo per la lavatrice". Lui ovviamente torna senza, giustificandosi "non so quale marca prendi". Quest'uomo non ha mai fatto attenzione alla marca del detersivo, nè è in grado di scegliere lui un detersivo piuttosto che un altro, magari con criteri diversi da quelli della moglie, ma seguendone uno; è stato cresciuto senza dover mai preoccuparsi della scelta del detersivo (del bucato itself) perchè alcune donne, sua madre prima, sua moglie dopo, ci hanno pensato loro per lui. Moglie che sicuramente lavorerà come lui ma alla quale sono ancora demandati i lavori donneschi della casa...

Per pareggiare i conti, poco dopo che mamma morì, io avevo 25 anni mia sorella 20, mia sorella, incapace di fare una lavatrice (fino ad allora le avevamo sempre fatte io o mamma, d'altronde a me la lavatrice piace fin da piccolo, da bambino ne ho avuto in regalo anche piccoli modelli giocattolo, purtroppo non funzionanti..), per risparmiare tempo, assieme alle mie maglie e ai suoi vestiti, pensò bene di mettere anche lo straccio per i pavimenti, ovviamente sporco...
Sì avete letto bene...
Evidentemente il luogo comune ha dei limiti nel descrivere cosa accade in realtà, per fortuna!, ma poco importa.
Finchè continua ad avere un senso, finché quel che dà per scontato è riconsociuto da tutti senza bisogno di ulteriori spiegazioni, finchè, insomma, non sarà possibile uno spot per lavatrici dove è (anche) l'uomo a risparmiare tempo nel fare il bucato con la nuova rex modello taltedeitali, l'Italia sarà sempre sull'orlo dell'abisso, un abisso targato anni 50.

16 luglio 2007

...ancora (ancora ancora) per Te...




K.D. Lang dall'album Tribute to Joni Mitchel

Help me
I think I'm falling
In love again
When I get that crazy feeling, I know
I'm in trouble again
I'm in trouble
'cause you're a rambler and a gambler
And a sweet-talking-ladies man
And you love your lovin'
But not like you love your freedom

Help me
I think I'm falling
In love too fast
It's got me hoping for the future
And worrying about the past
'cause I've seen some hot hot blazes
Come down to smoke and ash
We love our lovin'
But not like we love our freedom

Didn't it feel good
We were sitting there talking
Or lying there not talking
Didn't it feel good
You dance with the lady
With the hole in her stocking
Didn't it feel good
Didn't it feel good

Help me
I think I'm falling
In love with you
Are you going to let me go there by myself
That's such a lonely thing to do
Both of us flirting around
Flirting and flirting
Hurting too
We love our lovin'
But not like we love our freedom

Help Me
Joni Mitchell (Court and Spark 1974)

Aiutami
credo di stare per
innamorarmi di nuovo
quando ho quella pazza senzazione, io so
che sono nuovamente nei guai
Son nei guai
perchè sei un girovago e
un giocatore d'azzardo
e un uomo che sa come parlare con una donna
e ami il fatto che tu ami
ma non quanto ami la tua libertà

Aiutami
credo di starmi per
innamorare troppo in fretta
Mi prende facendomi sperare per il futuro
e preoccuparmi per il passato
Perchè ho visto delle vampate davvero bollenti
ridursi in fumo e cenere
Amiamo il fatto di amare
ma non quanto amiamo la nostra libertà

Non era bello?
eravamo lì seduti a parlare
o lì sdraiati a non parlare
Non era bello?
Tu balli con la signora
con il buco nelle calze
non era bello?
non era bello ?

Aiutami
credo di starmi per
innamorare di te
Mi lascerai farlo da solo?
é una cosa così triste da fare
entrambi a flirtare in giro
e di filrt in flirt
ferirci anche
Amiamo il fatto di amare
ma non quanto amiamo la nostra libertà
(libera traduzione mia...)

11 luglio 2007

ma che bell'Italia....



dal Blog di Beppe Grillo

www.pieroricca.org

...chi non c'è più ma dovrebbe ancora esserci...

Iniziamo con Elis Regina una delle più grandi cantani brasiliane morta a causa di una combinazione letale di Cinzano e di cocaina, all'età di 36 anni.



Alô, alô, marciano
Aqui quem fala é da Terra
Pra variar estamos em guerra
Você não imagina a loucura
O ser humano ta na maior fissura porque
Tá cada vez mais down o high society

Down, down, down
O high society

Alô, alô, marciano
A crise tá virando zona
Cada um por si todo mundo na lona
E lá se foi a mordomia
Tem muito rei aí pedindo alforria porque
Tá cada vez mais down o high society

Down, down, down
O high society

Alô, alô, marciano
A coisa tá ficando russa
Muita patrulha, muita bagunça
O muro começou a pichar
Tem sempre um aiatolá pra atola Alá
Tá cada vez mais down o high society

Down, down, down
O high society

Alô, alô, marciano
Aqui quem fala é da Terra
Pra variar estamos em guerra
Você não imagina a loucura
O ser humano ta na maior fissura porque
Tá cada vez mais down o high society

Down, down, down
O high society



Por engano, vingança ou cortesia
Tava lá morto e posto, um desgarrado
Onze tiros fizeram a avaria
E o morto já tava conformado
Onze tiros e não sei porque tantos
Esses tempos não tão pra ninharia
Não fosse a vez daquele um outro ia
Deus o livre morrer assassinado
Pro seu santo não era um qualquer um
Três dias num terreno abandonado
Ostentando onze fitas de Ogum
Quantas vezes se leu só nesta semana
Essa história contada assim por cima
A verdade não rima
A verdade não rima
A verdade não rima...



Quando você foi embora
Fez-se noite o meu viver
Forte eu sou mas não tem jeito
Hoje eu tenho que chorar
Minha casas não é minha
E nem é meu este lugar
Estou só e não existo
Muito tenho pra falar

Solto a voz nas estradas
Já não quero parar
Meu caminho é de pedras
Como posso sonhar
Sonho é feito de brisa
Vento vem terminar
Vou fechar o meu pranto
Vou querer me matar

Vou seguindo pela vida
Me esquecendo de você
Eu não quero mais a morte
Tenho muito que viver
Vou querer amar de novo
E se não der não vou sofrer
Já não sonho
Hoje faço com meu braço o meu viver

Solto a voz nas estradas
Já não quero parar
Meu caminho é de pedras
Como posso sonhar
Sonho é feito de brisa
Vento vem terminar
Vou fechar o meu pranto
Vou querer me matar


...un anno fa - parte seconda

...Un anno fa già mi stavo rifugiando nella sala del cinema Reflet Mèdicis, Rue Champollion, Paris, ufficialmente per vedere i film di Robert Wise, ma in realtà per fuggire la nausea oppressivo-epressiva che la mia vita e la mia persona fisica, allora come ora, mi infliggevano incessantemente.

Ho fato amicizia con una strana signora di origini italiane che vive a Parigi facendo le pulizie in appartamenti altrui;
ho resistito a chiedere a un ragazzo seduto vicino a me durante la proiezione di Star Trek The Motion Pictures perchè ogni tanto rideva;
non ho detto niente quando in sala un anziano signore si è addormentato russando rumorosamnte e i parigini dal culo stretto (non tutti i parigini, solo quelli lì in sala con me...) invece di svegliarlo gli davano dell'imbecille (come se quel poveretto lo facesse apposta a russare!);
ho fatto amicizia con le ragazze (e i ragazzi...) del cinema (mi capita sempre questo, forse perchè mi piace sempre scambiare due chiacchiere con chi sta lavorado mentre io mi sto divertendo andando a vedere dei film...)
e mi sono visto una decina di film di Robert Wise, in pellicola, in versione originale.

D'altronde il mese che sono stato a Parigi davano nelle sale film di Antonioni, Pasolini, Comencini,
Orson Welles, Fassbinder, tutti rigorosamente in pelicola e in lingua originale con sottotitoli...

Qui in Italia invece di promuovere la fruizione in pellicola almeno campanilisticamente del nostro cinema (quello di una volta non certo i muccini contemporanei) si promuove la fiction (nostrana e altrui) sul grande schermo... Mah!

Quest'anno la quinta edizione del Festival Paris Cinéma permette di assistere a tutte le proiezioni (tutte quelle che uno riesce a vedere) comprando un pass che costa 20 euro (proprio come qui da noi...!) oppure 4 euro a film (l'anno scorso invece ogni 5 film il sesto era gratis...).

L'anno scorso, nella enorme offerta di film io ho scelto di vedere quelli di Robert Wise, già montatore dei primi film di Welles (ha montato lui Quarto poetere) e non solo, che i più ricorderanno per West Side Story ma che per me significa Andromeda (un suo film tratto da un romanzo di Chrichton)
che mi impressionò tantissimo quando lo vidi la prima volta, dodicenne, a casa col tv in bianco e nero, del già nominato Star Trek e del mai ricordato Non voglio morire (che racconta della condanna a morte di una innocente) nella scena finale del quale, il giornalista sordo (all'inzio convinto della colpevolezza della donna ma poi ricredutosi e diventato suo primo sostenitore) dopo l'esecuzione della poveretta, spegne il suo apparecchio acustico per non sentire i rumori delle macchine e dei clackson dei suoi colleghi che corrono in redazione per scrivere il pezzo sull'esecuzine della donna che abbiamo visto morire nella camera a gas pochi secondi prima, cosicchè le ultime immagini del film, seguendo una soggettiva sonora del giornalista sono senza audio (ah il cinema!!!).

Ma sono tanti i film di Wise, tutti appartenenti a generi diversi, che lui ha frequentato tutti e sempre con ottimi successi, dalla Sci-Fi (è suo anche il magnifico Ultimatum alla terra) al noir americano, al musical (Tutti insieme appassionatamente che consiglio di vedere, ma in inglese visto che l'edizione italiana ha doppiato anche le canzoni, anche a chi non ama il musical), al biopic Stasera ho vinto anch'io, al thriller psicologico Gli invasati (miserrimamente rifatto qualche anno fa) tutti film che ho (ri)visto e potrei continuare ancora...

Ecco cosa facevo un anno fa, a Parigi, mentre i miei amici, a turno, venivano nella mia vuota casa romana ad innaffiare Cirillo (e Cinzio) e a dar da mangiare alle piante...


10 luglio 2007

Agua y sal



Mancano ormai solo tre mesetti scarsi alla pubblicazione in Italia, Spagna e Sudamerica del pluriannuciato album spagnolo di Mina. Il successo superiore alle aspettative che Miguel Bosé sta riscuotendo anche nel nostro Paese con il suo Papito, che è un progetto per certi versi vagamente analogo a quello mazziniano, conferma a nostro avviso che la Tigre ha azzeccato non solo il momento, ma anche la formula giusta per il suo rilancio in grande stile nel mercato latino. Anche se, nel suo caso, le canzoni eseguite in duetto con altri artisti (tre spagnoli, due argentini, un brasiliano, un italiano) saranno solo 7 sulle circa 14 in scaletta. Ghiotte sorprese, poi, si annunciano per quanto riguarda la copertina e la veste grafica del cd, che saranno ricche e generose di immagini come mai si era visto dai tempi di Minacelentano...

dalla newsletter del minafanclub

Ora, a rischio di essere scominacato, trovo la versione spagnuola di Acqua e sale sciatta, affrettata e piatta. Miguel nei duetti quasi manco si sente mentre Mina sovrasta. Mina, pur bravissima nel tenere la tonalità altissima, interpreta poco (anche se la pronuncia spagnola è impeccabile) mentre Miguel sembra stia leggendo un bollettino radio (oltre a modificare la linea vocale originale della canzone inopinatamente...).

Ora capisco perchè Mina è sempre stata contraria alle cover dei suoi stessi brani. Eppure questa cover è stata fatta dallo stesso staff del brano originale (o quasi... manca Celentanoche ha dato al disco originale quel tocco in più, mentre da solo Massimiliano dà come a solito il peggio di sè...).

Ah i bei tempi (andati!) in cui su uno stesso disco di Mina (singolo non doppio) si contavano fino a 5 arrangiatori diversi... (non ci credete? controllate un po' qui!!!)





Meglio la versione di Karima (chi??) e Manuel (chi???) dall'oscena* trasmissione del ...marito di Maurizio Costanzo Maria de Filippi (chi?!?!?!)... il che è tutto dire!!!




* oscena perchè Maria De Filippi sbaglia a parlare (pronuncia stage all'inglese e non alla francese) imposta una rivalità insopportabile tra i ragazzi e tra questi e i professori (la prof. di danza per esempio) mette tra gli esperti Platinette chè è un perosnaggio televisivo e non ha altra competenza se non quella....

Roma fiction fest



...nella prima svagata, piena di sorprese, già passata settimana di queste mie ferie romane 2007, sono riuscito a malapena a seguire la prima edizione del Roma Fiction Fest, primo festival diretto da Felice Laudadio che ha cercato di dare rango alla fiction (terimine italese che in lingua inglese non vuol dire nulla) cioè alle produzioni televisive, italiane e non, con uno slogan ambiguo e preoccupante (la fiction "sul grande schermo", "come non l'avete mai vista").

Ora, io sono un grande appasionato di serie tv e in passato ho dilapidato fortune economiche per acquistare cofanetti originali di star trek, buffy, spazio 1999, simpson.
Quel che mi infastidisce dello slogan è lo slittamento di luogo.

Invece di preoccuparsi che i film vengano sempre di meno visti sul grande schermo e siano invece inscatolati sul tube televisivo (e c'è chi sta tentando, almeno per il momento invano, di abituare sgli spettatori\consumatori a improbabili visioni sui cellulari, per tacere dei dvd per portable playstation) si sdogana la fiction televisiva e le si proietta sul grande schermo.

Niente da ridire da un punto di vita artistico, la programmazione del festival, per quanto troppo sbilanciata a favore degli onnipresnetsti United States (mancavano completamente le produzioni dell'europa dell'est, della Russia, quelle sudamericane e asiatiche, tranne qualcosa di cinese, a mio modesto parere maledettamente noioso) era ineressante e piena di soprese.

Però non posso che dirmi perplesso per l'alto patrocinio della presidenza della Repubblica (nonchè di diversi ministeri dello Stato) per quello che è, a tutti gli effetti, una vetrina per consumatori.

E sì.
Si è dato modo a un publico sempre più consumista di assistere a proiezioni (sic!) di telefilm altrimenti inaccessibili (tranne ai fortunati che hanno Sky, che in Italia si contano ancora sulle dita di qualche mano) o di assistere alle anterpime di serie tv che si vedranno prossimamente nei canali rai e/o mediaset.

Mi preoccupa l'ottica culturale in cui queste operazioni festivaliere (assieme alla tanto criticata, ma più per invidia che per le mie argomentazioni, Festa del cinema di Roma) nascono: favorire la visibilità di film e telefilm, intento che sembra emergere più dal diritto consumistico di accesso al propdotto che dall'arte inevitabile (eppure oggi quanto mai disattesa) della critica, un esercizio di critica cui questi festival non danno modo non fornendo gli spettatori di alcuno strumento critico che non sia l'incontro con il divo-attore del momento o la maratona notturna della serie cult italiana anni '60.

Questi festival rispondono in pieno alle esigenze di mercato e sono fatti per il mercato dei produttori (basti vedere le coproduzioni che sono state siglate durnate le 5 giornate del festival) e , se non contribuiscono direttamente a formare i consumatori/spetattori di cui il mercato ha bisogno certo non contribuiscono a formare spettatori consapevoli e critici dove, conviene ribadirlo, "critico" qui non vuol dire esprimere un giudizio di gusto ("bello" o "brutto") ma esercitare il proprio pensiero analitico che vaglia e soppesa le ricostruzioni del mondo che ogni fiction propone ai suoi spettatori.

In italia la cultura si è talmente svuotata di significati politici che questa bassa manovalanza pro-mercato (che sarebbe anche auspicabile se avvenisse contemporaneamente e parallelamente ad un cospicuo e serio intervento culturale da parte dello Stato, ma che invece, da solo, pare assorbire tutte le energie della cosa pubblica) viene portata avanti dalla sinistra (sic) mentre la destra, incapace di andare al di là di qualche balbettio (dopo tutto ricordiamoci cosa diceva Goebbles a proposito della cultura...) nei cinque anni di governo non è stata in grado di fare nulla.

Una arretratezza culturale così non si è mai vista a memoria di Repbblica italiana ma gli incapaci che ci governano non sembrano accorgersene e continuano a confondere lo spettacolo con la cultura, le passarelle e i vip con lo spettacolo, insomma video et circenses nulla che i buoni romani non avessero già inventato illo tempore.


Insomma.
Nonostante abbia praticamente assistito solamente alle proeizioni della giornata di venerdì, ho avuto modo di assistere al pilota di una serie USA October Road, in linea con le nuove tendenze etero-familistico-bucoliche delle serie tv americane (un ragazzo torna dopo 10 anni al paese natale e affronta parenti e amici che ha lì lasciato, dopo averli immortalati in un romanzo che lo ha fatto diventare ricco e famoso e scopre che il suo migliore amico ce l'ha a morte con lui e di avere un figlio...), ad alcuni episodi di una buona serie di fantascienza come Master of Science Fiction nei cinque episodi della quale che ho visto sono apparsi attori del calibro di John Hurt,
Anne Heche,
Judy Davis
oltre a nomi (volti) conosciuti del piccolo schermo.

Ma, per fortuna, le sorpse maggiori sono giunte non dalla tv americana, ma da quella inglese con una film per la tv davvero interessante Perfect Parents che racconta le vicissitudini di due genitori che, preoccupati che la figlia frequneti una scuola troppo violena fanno di tutto per farla accettare in una scuola cattlica, arrivando a falsificare certificati di battesimo e fingendosi cattolici praticanti finq uando la situiazione sfugge loro di mano e l'unica peroisna che sembra avere ancira saldi princpi civili prima ancora che morali è la madre superiora preside della scuola... Un punto di vista inedito e interessante anche se , a ben guardare, forse ai due genirori sfuggito la cosa più importante che quel che fa una scuola buona ono sono la biblioteca o la piscina ma gli insegnanti e i loro programmi ma questo, come al solito, è già un altro discorso e forse in Inghiterra è molto diverso da un paese assurdo come il nostro dove l'"onorevole" (sic!) Buttiglione sconsiglia l'insegnamento del darwinismo prima dei 14 anni altrimenti può indurre all'ateismo (sic!!!)...

Altre soprese dalla tv tedesca della quale ho visto
Die Nacht der großen Flut

un docudrama su una pagina che ignoravo della recente storia tedesca, l'alluvione di Amburgo del 1962 che causò centinaia di morti,

docudrama improntato sul doppio registro della ricostruzione fictional e delle interviste ai sopravvissuti all'alluvione (tra cui quella dell'allora primo ministro Schmidt) con un approccio che è esattamente all'opposto di quello sensazionalistico di certa tv nostrana (come Minoli che calca troppo la mano sull'eccezionalità delle cose anche le più quotidiane) impiegando la parte di ricostruzione (di fiction) per dare dignità e non enfasi a quanto raccontato dai testimoni, secondo una pratica statunitense e anglosassone purtroppo del tutto sconsociuta qui da noi (soprattutto da quando la terza rete degli anni 80 ha inquinato il modo di fare reportage, con le sue trasismissioni stile "Chi l'ha visto" "Mi manda Lubrano" e affini...).

Insomma un'occasione (purtroppo per me in gran parte mancata) per farsi un'idea di quel che accade al di là degli italici confini e questo, qualuqnue siano le intenzioni degli organizzatori del festival, non fa mai male.
Forte del suo successo (oltre 33.000 partecipanti alle proeizioni) il fiction fest si è farantito una seconda edizione che spero di curare con maggiore attenzione, sempre che, anche allora, non mi capitino impegni pregressi (la visita ad Arezzo) o immense sorprese d'amore...
bello essere
quello che si è anche se si è
poco
pochissimo
niente


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